Pina Menichelli

Giuseppa Iolanda Menichelli nasce a Castroreale, (ME) il 10 gennaio 1890 da Francesca Malvica e Cesare Menichelli, entrambi attori.Il padre discende da una famiglia di teatranti il cui capostipite è Nicola, importante capocomico a Venezia nella seconda metà del Settecento. Secondogenita di quattro figli, Lilla, Dora e Alfredo, tutti poi avviati alla carriera drammatica, Pina viene mandata, con Dora, a studiare a Bologna presso il collegio delle suore del Sacro Cuore, ma prende presto la via del palcoscenico, seguendo le orme dei genitori e della sorella maggiore Lilla, così come farà la sorella Dora, che diventerà anche cantante.

Nel 1907 viene scritturata nella compagnia di Irma Gramatica e Flavio Andò e per qualche anno lavora  come attrice teatrale in ruoli di « giovane amorosa ». Nel 1913 comincia a recitare per il cinema alla Cines di Roma, con la quale, in due anni, gira numerosi film, ampliando costantemente la propria esperienza : prima con la commedia Checco è sfortunato in amore (1913) con Giuseppe Gambardella, comico di punta della Cines, poi in numerosi film drammatici sotto la direzione di affermati registi: Nino Martoglio (Il romanzo, 1913) Nino Oxilia (Veli di giovinezza, 1914), Augusto Genina (La parola che uccide e Lulù, 1914), Carmine Gallone (Rinunzia e Turbine d’odio, 1914) e soprattutto Enrico Guazzoni (nel 1913 :Una tragedia al cinematografo, Il lettino vuoto; nel 1915;  Alla deriva, La morta del lago, Alma mater, La casa di nessuno e Scuola d’eroi),

Tuttavia la svolta fondamentale nella sua carriera avviene quando Giovanni Pastrone (che all’epoca aveva già girato Cabiria) visionando alcuni film della Cines, l’avrebbe notata nel ruolo di una tamburina in un film storico di ambiente napoleonico, molto probabilmente Scuola d’eroi di Guazzoni. Pastrone la chiama quindi a Torino, all’Itala Film, e la dirige ne Il fuoco (1915) affidandole il ruolo di un’ammaliante ed enigmatica poetessa che avvince a sé un giovane pittore (interpretato da Febo Mari, che è anche autore del soggetto), in una storia d’amore intensa e devastante. Il film ottiene un enorme successo e consacra la Menichelli come femme fatale e diva di prima grandezza. L’anno seguente, sempre diretta da Pastrone, è la protagonista del film, tratto dall’omonima novella di Giovanni Verga, Tigre reale (1916), nel ruolo altrettanto conturbante e fatale della contessa Natka. Tra gli altri film di successo che interpreta per l’Itala si ricordano  L’olocausto (Giovanni Pastrone, 1918, riedizione rivista e emendata di Trecce d’oro, un film girato nel 1916 e sequestrato prima dell’uscita a causa degli interventi massicci della censura), La moglie di Claudio, tratto dal dramma omonimo di Alexandre Dumas (Gero Zambuto, 1918) e Il padrone delle ferriere (Eugenio Perego, 1919).

Nel 1920 passa alla casa romana Rinascimento Film, fondata per lei dal barone Carlo Amato, con cui ha avviato una relazione sentimentale e che sposa nel 1924, alla morte del primo marito, il giornalista napoletano Libero Pica, da cui si era separata già nel 1912, dopo le nozze avvenute in Argentina nel 1909 e dopo la nascita di tre figli (il primogenito morto poco più che neonato, Manolo e Cesarina, rispettivamente nati nel 1910 e nel 1912).

Con la Rinascimento Film, presso la quale aveva già avuto una breve parentesi con Il giardino incantato (Eugenio Perego, 1918), continua ad affascinare il pubblico italiano e internazionale, nonostante le persistenti critiche alla sua recitazione manierata, diretta ancora da Eugenio Perego in La storia di una donna (1920), da Telemaco Ruggeri in La verità nuda (1921)  e poi da Amleto Palermi in Il romanzo di un giovane povero (1920), La seconda moglie (1922), La donna e l’uomo (1923) e La biondina (1923). A seguire, stanca di interpretare personaggi tormentati e voluttuosi, si cimenta con successo in due commedie, entrambe adattate da Georges Feydeau: La dama de chez Maxim’s (Amleto Palermi, 1923) e Occupati d’Amelia (Telemaco Ruggeri, 1925).

Dopo questi due ultimi film,  Pina Menichelli decide di ritirarsi per sempre a vita privata, per dedicarsi completamente alla famiglia. Muore a Milano all’età di 94 anni, il  29 agosto 1984.

 

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