Israel, 1919

Regia: André Antoine; produzione: Tiber Film, Roma; anno: 1919; visto censura: n. 14081, 20-03-1919; lunghezza originale: 1525 m; prima visione romana: 25-04-1919; soggetto: dall’opera teatrale Israël (1908) di Henry Bernstein; sceneggiatura: André Antoine; fotografia: Giacomo Angelini; interpreti e personaggi: Vittorina Lepanto (duchessa di Croucy), Alberto Collo (Tebaldo di Croucy), Vittorio Rossi-Pianelli (Giustino Gotlieb), Alfonso Cassini (padre Silvian), André Antoine (il prelato).

 

Il film

La duchessa di Croucy ha per amante il banchiere ebreo Gotlieb. I due hanno un figlio che cresce come duca di Croucy principe di Clar. La Chiesa interviene, perché la relazione, pur privata, va contro le istruzioni della Nunziatura. Un consigliere spirituale, padre Silvian, viene messo accanto alla donna e la riconduce ai suoi doveri, provocando la rottura con il banchiere, pur dolorosa. Passano venti anni e il giovane duca si coinvolge nelle tensioni politiche dell’epoca. Viene reso pubblico l’elenco dei versamenti della banca Gotlieb alla “Difesa Laica”, e il banchiere viene accusato di finanziare la destabilizzazione del paese. Il giovane Croucy gli impone di dare le dimissioni dal comune circolo e lo offende. Gotlieb lo sfida a duello. La duchessa viene avvertita e, disperata, cerca di evitare il duello. La Chiesa autorizza un incontro tra il banchiere e la duchessa, nel quale lui ribadisce che deve difendere l’onore della sua gente, tenuta sotto controllo e mal giudicata. Sopraggiunge il figlio e la verità viene rivelata. Il giovane è disperato. Dichiara a padre Silvian di vedersi sdoppiato in due esseri e di sentirsi un bastardo, frutto delle unioni che ha sempre avversato. Pensa di farsi frate, ipotesi che sconvolge il padre. Alla fine sceglie il suicidio e Gotlieb inveisce contro la Chiesa: «Ecco come voi salvate il mondo».

Israël è l’unico film realizzato in Italia da André Antoine, regista francese, maestro del genere “naturalista”, che viene a lavorare a Roma nel 1918 sull’onda di scambi societari avviati dalla Tiber Film con la casa di produzione francese SCAGL.
Il soggetto, ispirato alle convulse polemiche contro l’antisemitismo sollevate in Francia all’epoca dell’affare Dreyfus, è scottante ma, nonostante le grandi aspettative, il film viene bocciato da pubblico e critica, per totale distanza dalla drammaticità dell’opera originale e per la recitazione troppo enfatica degli attori, mentre la censura approva il film alla seguente condizione: «Sopprimere nella parte 4ª la didascalia: “La vostra opera è compiuta! ecco come voi salvate il mondo”, detta dall’ebreo Gotlieb a padre Silvian nel finale come amaro commento al suicidio del protagonista» (www.italiataglia.it).

«Ma veniamo senz’altro allo Israël della Tiber Film. Io non conosco il signor Antoine – riduttore o direttore di scena di questo film – che ha preso dal dramma francese il titolo, il nome dei personaggi, e il nome (ben più valorizzabile) dello stesso autore.
Se il signore Antoine è francese, egli non ha reso un buon servizio alla sua patria, come non l’ha reso alla Casa editrice romana, la quale… La quale, diciamolo subito, non ha saputo vedere nel dramma, attraverso il signor Antoine, che il fattaccio di cronaca: il Principe Tebaldo di Clar, figlio adulterino dell’ebreo Gutlieb [sic], venuto a conoscere della sua impura origine, si uccide, perché… Il perché è rimasto nella macchina dell’operatore.
Dunque il primo grossolano, sacrilego errore è quello di avere snaturato e valutato il dramma, togliendone la parte sostanziale, determinante, e cioè la lotta antisemita, che convulsionata e lacerata la Francia al tempo dell’affaire Dreyfus […].
Lotte che il Bernstein ha poste a fondamento del suo dramma e, tolte le quali, tutti i personaggi diventano marionette assurde, antipatiche e incomprensibili».
Aurelio Spada, Israël, «Il Cinematografo», Napoli, n. 3, 1 maggio 1919, p. 2 (recensione da Roma, datata 26 aprile 1919).

«È un forte dramma d’anime, che dimostra quanto la religione possa sostenere l’uomo nei grandi dolori della vita. Per adulti».
Ancon, «La Rivista di Letture», Milano, n. 2, febbraio 1924, citato in Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano 1919. I film del dopoguerra, CSC-Nuova Eri, Roma, 1995, p. 142.

 

I materiali filmici

Originariamente preservato nel 1973 a cura del CSC-Cineteca Nazionale, in b/n, da un positivo nitrato imbibito lungo 1026 metri, con didascalie italiane (non più esistente), nel 2005 il film è stato sottoposto a un restauro filologico basato sull’unico materiale disponibile, vale a dire il duplicato negativo tratto nel 1973 dalla copia nitrato d’epoca. È stato quindi ricostruito, sulla base dell’opera teatrale da cui è tratto il film, il testo delle didascalie mancanti e l’ordine delle didascalie e di alcune sequenze; sono state inoltre restituite le colorazioni, con metodo Desmet, sulla base dei criteri e dei sistemi dell’epoca. Le lavorazioni sono state eseguite a cura del CSC-Cineteca Nazionale dal laboratorio Haghe Film di Amsterdam.

 

Link al film (Vimeo CN)
Provenienza: CSC-Cineteca Nazionale
B/n – colore: colore (colorazioni ricostruite per congettura)
Lingua: didascalie italiane
Durata: 00:58:52
Velocità di proiezione: 16 fps